Emmanuel Carrère — Limonov
«Uno dei vostri crimini è aver messo a nudo alcune pieghe del cuore umano troppo sporche per essere vedute [...] Nel carattere di Julien ci sono tratti atroci, che sentiamo come veri ma che ci fanno orrore. Il fine dell’arte non è di mostrare questo lato della natura umana», rimproverava lo scrittore e storico Prosper Mérimée a Stendhal a proposito del suo capolavoro Il rosso e il nero.
Probabilmente, se Mérimée avesse letto Limonov, avrebbe detto lo stesso dell’oscuro carattere del protagonista del libro di Emmanuel Carrère, che ci racconta la vita avventurosa di Eduard Veniaminovich Savenko, in arte Limonov appunto. Il racconto prende l’avvio nella cittadina di Karchov, una delle tante e anonime città industriali dell’Unione Sovietica, in cui il giovane Limonov trascorre la sua infanzia, iniziando a mostrare i primi segni di irrequietezza e di interesse per la scrittura. Suddiviso in tanti capitoli quante sono le avventure nelle città in cui il protagonista si sposta, il libro ha il pregio della chiarezza della cronaca storica e dello scavo psicologico di un vero e proprio romanzo.
La narrazione si fa cronaca nella descrizione della vita moscovita e dell’oscura provincia russa, così come nel rendere efficacemente la vertigine esistenziale di molti russi nel drammatico passaggio dal comunismo ad una forma selvaggia di consumismo che avrebbe provocato spaccature sociali incolmabili.
Nonostante ciò, il libro mantiene un valore letterario indiscusso. Il tema del giovane di provincia che fugge nella grande città alla ricerca di fortuna e fama è ampiamente presente sin dalle prime pagine. Nel suo vitalismo sfrenato, è facile trovare in Limonov la caparbietà di Martin Eden, come quest’ultimo deciso a farsi largo tra gli intellettuali da scrivania, lui che viene dai sobborghi, che ha visto uccidere e, forse, ha anche ucciso in quel castello dei destini incrociati che sono i Balcani degli anni novanta. Così come in lui ritroviamo la fiducia ingenua e fanciullesca nel futuro del Philipp «Pipp» Pirrip di Grandi speranze e l’ambizione del Julien Sorel di Il rosso e il nero, resa meno torbida da una ferrea moralità interiore.
Il libro di Emmanuel Carrère è una lettura fondamentale per l’insegnante che voglia approfondire la conoscenza della Russia post-bellica e post-comunista da una prospettiva diversa da quella dei libri di storia e fare la conoscenza di un personaggio contraddittorio e simbolo della nostra epoca. Lo sguardo dello scrittore oltrepassa la cortina di ferro, restituendoci la descrizione dello spirito russo anche quando i personaggi ne sono lontani e ormai in salvo; eppure, nonostante quel muro sia stato definitivamente abbattuto, sarà come sentire risuonare una voce nel sottofondo della Storia: «Isn’t this where we came in?»
«Scuola Twain», 4 marzo 2013