Ho passato un bel po' di tempo a osservare lo schermo, studiando il volto dell'uomo che governa la Russia. È uno sguardo evasivo di un viso evasivo, che non vuole incrociare nessun altro sguardo, che non vuole incrociare gli sguardi del nostro popolo. Se ne ha la possibilità, il suo volge altrove. Fateci caso.
Forse è insicuro di sé oppure non vuole proprio guardare verso di noi, certo, non verso di me o di voi in concreto, ma verso la telecamera, che poi saremmo noi. Ascolto con attenzione anche i suoi discorsi, come parla, se si impappina oppure se procede più fluido. Il suo parlare va avanti in modo uniforme, in sostanza, senza alcuna intonazione.
A volte Putin si interrompe appena quando viene sopraffatto da un tipico attacco d'ansia, capita quando si arrabbia, quando è sopraffatto dall'ira. Proprio in quel momento i suoi zigomi si contraggono, come se riuscisse a muoverli a comando, come se riuscisse, detto in termini letterari, «a giocarci». Da tutti questi segnali si ha come l'impressione che sia un uomo tutto sommato cattivo, che nasconda bene il suo brutto carattere dietro l'indifferente borbottare affaristico del suo discorso, voltandoci lo sguardo.
Dal momento che il Presidente è di bassa statura, ha sempre avuto problemi nel mostrarsi come un uomo di valore.
Per ovviare a ciò ha studiato tutta una serie di stratagemmi. Il linguaggio tecnico, veloce e distaccato produce un effetto di straniamento da chi lo circonda, lo isola, il volgere lo sguardo altrove ha lo stesso scopo. Essendosi isolato, si sente superiore. Da lui non possiamo aspettarci gli spettacoli da alcolizzato, umilianti per la Russia, dati del suo predecessore El'cin, né che si adiri apertamente con la gente. Da un lato è un bene che davanti alle telecamere non si comporti come Ivan il Terribile, ma d'altra parte è un male che abbia un carattere vendicativo e che i suoi conti aperti con gli altri vengano regolati non direttamente sulla scena, bensì dietro le quinte. E non certo da lui stesso, bensì con l'aiuto dei suoi fedeli e zelanti servitori: ad esempio, dalla Procura generale, del Ministero di Grazia e Giustizia, dal Servizio Penitenziario Federale, della Commissione Elettorale Centrale, ecc…
Capita che l'insensibilità e la disumanità del Presidente Putin gli si ritorcano contro, come nel caso del sottomarino «Kursk». Allora, ve ne ricorderete, se ne restò nella soleggiata Soči, sulle rive del Mar Nero, quando anche solo in virtù della carica ricoperta si sarebbe dovuto catapultare come un proiettile, salire su un aereo e dirigersi sulle rive del Mare di Barents e da lì dirigere le operazioni di salvataggio dei marinai, o comunque provarci con coraggio. Sarebbe dovuto andare lì di corsa, con i suoi stivali immersi nell'acqua a incitare i soccorsi. Con indosso i suoi stivali di gomma avrebbe dovuto accettare tutte le offerte di aiuto provenienti dai paesi stranieri, utilizzare qualsiasi soccorso. E quando, dopo qualche ora, non si fosse potuto fare più nulla, se ne sarebbe dovuto stare lì, sfinito, con le occhiaie, sullo sfondo di quel mare ghiacciato che era diventato la tomba di 180 marinai russi e dire alle telecamere: «Cittadini russi, ho fatto il possibile, di più non so che fare!».
Tuttavia, non si è comportato così, lo abbiamo visto abbronzato e tranquillo sulle rive dei mari del Sud, con la sua polo indosso. Per la prima volta dimostrò la sua disumanità, la sua indifferenza.
A seguire vi fu la famigerata fredda risposta data alla domanda del giornalista americano Larry King «Che ne è stato del vostro sottomarino Kursk?».
«È affondato», rispose semplicemente il Presidente, con un volto mite e rilassato.
Non pensò nemmeno di indire il lutto nazionale. Già da lì fu chiaro quanto i suoi connazionali gli siano indifferenti. Il viso del Presidente si illumina di sorrisi sinceri, di simpatia e gioia solo quando lo vediamo incontrare i grandi leader occidentali, i suoi amici: i vari Bush, Berlusconi, Schröder. In queste occasioni il suo fascino si accende. Ho una domanda: come mai non si comporta così nei nostri confronti, nei confronti di noi cittadini russi? Pensa forse che con noi sia necessario essere severi o, come minimo, insensibili? Per la maggior parte del tempo lo vediamo in tv con sullo sfondo la mobilia démodé del Cremlino, in stile zarista. Siede sul broccato dei sofà ricamati dai piedini intagliati e incurvati, su sedie di questo tipo. La carta da parati e i drappi che gli fanno da sfondo sono inevitabilmente marchiati dal simbolo dell'aquila bicipite. Detto senza fronzoli: ecco i tratti zaristi del potere del Presidente. Eppure noi siamo una Repubblica dalla rivoluzione del febbraio 1917! O forse sono io ad aver frainteso il significato dell'aquila bicipite?
Avendo vissuto in Francia, mi ricordo che su quella apposita mobilia, su quei divanetti dai piedini intarsiati, sedette per due mandati presidenziali François Mitterand. Eppure non mi sembra di aver visto in tv nessun giglio reale e nessuna corona dentro l'Eliseo. È evidente che Pal Palyč Borodin, restauratore del palazzo presidenziale presso il Cremlino, si sia ispirato all'Eliseo del presidente francese, anche perché la mobilia della Casa Bianca americana è meno intarsiata, i suoi divanetti sono più scarni e lineari. Ecco come la penso: il Presidente della Russia, un paese dove un terzo se non la metà della popolazione è povera, non dovrebbe mostrarsi circondato da questa stupida mobilia che dimostra un'abbondanza vetusta.
Penso che gli incontri giornalieri con i ministri trasmessi in tv a tutto il paese intorno allo stesso tavolino non siano altro che una goffa messa in scena, che quel tavolino sia stato usato precedentemente a stento per giocarci a carte, non vi è nessuna prova che quel tavolo venga usato dal Presidente per lavoraci, nossignore: non vi è nessuna carta sparsa, né un fascicolo o un documento, né un computer. A che pro prendere in giro il popolo con dei metodi così banali e stupidi, ovvero, facendo finta di lavorare?
Ed eccolo, Putin, col tono di voce monotono e affaristico tipico del Presidente risoluto, che, distogliendo lo sguardo, domanda al ministro: «Come mai non è stato fatto questo? Come mai non è stato fatto quello?». Il ministro con la cartellina, dopo aver dato un colpo di tosse, afferma meccanicamente: «Questo è stato già fatto, mentre quello e quell'altro verranno fatti tra una settimana». Il cittadino deve esserne contento: il Presidente non beve, il lavoro procede. Il Ministro tossisce, con le sue scartoffie nella cartellina. Fossero nient'altro che dei vecchi giornali? Mi interesserebbe tanto sapere: a quale ideale di governatore si ispira il nostro Presidente? È chiaro non sia uno sgobbone vestito con una giacca qualsiasi, magari rattoppata, con un tavolo tutto pieno di carte che ormai occupano pure i divanetti, fino a sfondarli. O con un computer i cui megabyte di memoria riescano a stento a contenere tutta la documentazione presidenziale.
Di certo l'ideale di Putin non è Lenin, la testa del quale andava in fumo a furia di lavorare, mentre dettava a tre dattilografi in contemporanea, avvolto da una nuvola di fumo di sigari degli operai e dei soldati deputati. Dal 1990–91 molti esponenti in vista del Partito Comunista si sono allontanati dalla figura di Lenin come il diavolo dall'acqua santa, interi battaglioni e reggimenti di funzionari hanno stracciato le tessere di partito. Dal 1990 il tenente colonnello in congedo del KGB (Putin — N.d.T.) si mise a lavorare con Sobčak, suo ex professore dell'università statale di Leningrado, in quanto condividevano gli stessi ideali che di certo non erano quelli di Lenin. Sobčak non avrebbe mai consentito di essere affiancato a una persona con quelle idee.
L'ideale politico del Presidente lo si può dedurre dal suo gusto estetico, palesatosi principalmente in occasione dei suoi due insediamenti. Di questi ne ho parlato più nel dettaglio nel capitolo dal titolo «Sembra che Lei creda di essere lo Zar». Imita l'autocrazia russa, l'ideologia che ha retto il nostro paese fino al 1917. Il Presidente della Federazione Russa si rivolge all'autocrazia come a un modello, consciamente o inconsciamente. A livello più inconscio, per così dire, agisce il sangue, la tradizione: in fin dei conti da noi ogni poliziotto di quartiere, qualsiasi vigile urbano nella sua guardiola all'entrata della metro si comporta da autocrate… anch'io sono un autocrate, quando vi chiedo di capire e recepire le mie osservazioni riguardo il Presidente russo. È un fatto importante.
Cito il «New York Times», il quale informa i lettori riguardo la conferenza stampa del Presidente russo: «Anche quando Putin parla tranquillamente, anche quando è mite, le sue dichiarazioni risultano notevolmente taglienti… quando conversa con qualcuno il suo corpo si comporta come se stesse affrontando un combattimento. Quando gli viene posta una domanda indietreggia spesso verso lo schienale della sedia, muove le spalle e raddrizza la schiena come farebbe un atleta mentre si accinge a sollevare un peso… una volta posta la domanda si sporge in avanti, spostando il peso sugli avambracci, per poi fornire una risposta compunta… lo stile delle sue dichiarazioni ricorda quello di un manager zelante, uno di quelli con la mania del controllo».
Il «Washington Post» sulla stessa conferenza stampa: «Il leader russo ha parlato per tre ore attaccando i detrattori della politica russa, scoppiando di rabbia e con il viso contratto in una smorfia».
Stizzito. Arrabbiato. Col volto contratto in una smorfia. Nessun giornalista straniero ha avuto l'impressione di un Presidente buono d'animo. Io non ho mai visto la sua bontà d'animo. O lui non può proprio essere buono per natura oppure ritiene che è la sua carica, quella di Presidente della Russia, a costringerlo a comportarsi da cattivo. La cosa più probabile è che lui sia cattivo di natura e che pure ritenga che uno Zar debba essere severo, iracondo. Nella storia russa, il popolo, nel tentativo di adulare, chiamava lo Zar batjuška, ossia «padre». Nella stessa espressione Zar-batjuška si evince, è presente una certa sfumatura di bontà, il popolo confidava ingenuamente nella magnanimità del suo imperatore. Si usava dire anche Zar-gosudar', ossia lo «Zar sovrano», espressione spesso riscontrabile nei lubok popolari dedicati a Pietro I il Grande. Di certo Pietro non fu benevolente col popolo, fu bensì un padre padrone cattivo, baffuto e sbarbato.
Anche il Presidente Putin si attiene a questo genere di padre: crudele, esigente, che contrae a comando gli zigomi, che fa smorfie, che non ti rivolge lo sguardo. Certo, una Pietroburgo non l'ha ancora costruita, anzi, di terre ne ha cedute. Ma esige che tutti noi ci fiondiamo a combattere le sue guerre, che tutti prestiamo il fianco ai terroristi nelle nostre città. I ceceni non vogliono vivere con la sua famiglia, ma lui li costringe a furia di botte violente.
Vladimir Vladimirovič, signor Presidente, crede davvero che sia possibile costringere con le sue percosse violente a vivere con lei? Con le sue percosse senza amore? Credo proprio di no. Allora perché violenta il paese intero costringendolo a sopportarla?
Il Presidente russo ha le idee confuse: avendo Pal Palyč Borodin e Behgjet Pakolli1 disegnato intorno a lui un po' troppe aquile bicipiti, ci reputa suoi sudditi, come fosse lo Zar, ma noi non viviamo nel XIX secolo. Siamo cittadini di un paese che sicuramente non è libero, ma di certo non siamo i sudditi di un padre padrone. Tuttavia, pretende di governarci proprio come farebbe uno Zar arcigno. Non vi è dubbio alcuno, l'uomo a capo dello Stato russo deve aver fatto confusione con le epoche storiche. E insieme a lui anche il suo esercito di funzionari, nonché tutti i suoi servi: pubblici ministeri e gendarmi dell'FSB, la struttura del suo Stato è zarista. Lermontov, ricordiamolo, ci descrisse perfettamente:
Russia, o misera Russia
paese di servi, paese di padroni
e Voi, con l'azzurra uniforme
e te, popolo agli ordini conforme…
E così nulla è cambiato, tutto torna. Vi sono tutti coloro che rappresentano in piedi al cospetto del trono l'avida folla/ della libertà, del genio e della gloria il boia. Ogni cosa è al suo posto, l'analogia è completa. L'«azzurra uniforme» oggi la indossano i procuratori. Eccoli qui, i custodi della legge, tra di loro c'è chi pesa tra i 150 e i 200 kg, come Ustinov e Kolesnikov; così come c'è chi, tra i vice-procuratori generali, è magro come un verme: Kolmogorov, Birjukov, Šepel' e altri. Ed ecco uscire in lontananza il corpo dei procuratori. Ve n'è uno, il più strambo e malato di tutti: Ustinov (procuratore generale, garante capo del rispetto della legge, il quale non molto tempo fa avrebbe proposto di prendere in ostaggio i parenti dei presunti terroristi) e la sua «squadra».
Tutti rispondono: «Eccoci! Siam qui! Pronti a servirla!»
«E i cosacchi? Dove sono i cosacchi?».
«Eccoci!» — rispondono gli sbirri — «siamo noi i cosacchi di regime. Sciogliamo le manifestazioni popolari».
«E la terza sezione? Le guardie di servizio? Presenti?».
«Eccoci!», rispondono i ragazzacci del Servizio Federale di Sicurezza (FSB).
Maestri nella provocazione, spie con le orecchie attente, dall'udito sempre pronto. La cosiddetta «sicurezza nazionale», la stessa che permise che l'Urss venisse liquidata nel 1991 e che ora si sta specializzando nel picchiare e nell'arrestare i ragazzi e le ragazze del Partito Nazional-Bolscevico. I cavalieri con manto e pugnale, coloro che all'epoca mi hanno arrestato accusandomi di aver organizzato la secessione, pensate un po', della regione orientale del Kazakhstan abitata da russi, di aver formato illegalmente delle squadriglie armate e di aver acquistato armi per raggiungere questo scopo. Pensate un po', per questi motivi i servizi segreti russi mi hanno arrestato! Avrebbero dovuto darmi una medaglia, stando così le cose. Perché mai sbattere in galera un patriota come me? Con l'intenzione di tenermi per sempre a marcire lì, dietro le sbarre. Per loro sfortuna, non avevano prove.
«Le guardie son qui! L'FSB non dorme!».
«I nostri ochotnorjadcy,2 dove sono?».
Eccoli con quei pancioni, prima avevano anche la barba, mentre oggi sono glabri, le forze più oscure e reazionarie di tutta la Russia. Una volta erano commercianti, oggi sono deputati.
«Siam qui, al solito posto, sull'Ochotnyj Rjad, numero civico 2», rispondono i deputati di «Russia Unita». Son così reazionari che a breve vieteranno persino agli uccelli di volare.
«L'Ordine di San Michele Arcangelo c'è?», mi pare che qualcuno fosse sbucato fuori, ma ecco sì, c'è! Ecco l'organizzazione «I Nostri», con a capo i fratelli Jakemenko con il loro sguardo bugiardo, servi a libro paga dell'amministrazione presidenziale. Così come cento anni fa erano pronti a spaccare la testa ai nemici del padrone, ecco il loro modus operandi odierno: queste facce toste si definiscono ironicamente «antifascisti», mentre tutti gli oppositori di Putin sono dei… «fascisti».
A primo acchito pare proprio manchi Rasputin… sì, pare proprio non ci sia, però c'è la cattedrale di cemento del Cristo Salvatore, c'è pure una sorta di capo pope, onnipresente al pari di Rasputin, ma sì! C'è il Patriarca Aleksej, che serva o meno, la sua presenza è fissa. Si dice che nel 1996 esortò i fedeli a non votare il comunista Zjuganov per 500 kg d'oro, avuti «in dono» per laccare nuovamente le sue cupole. Ci sono anche dei pope di rango inferiore, con i culi grossi fasciati dalle tuniche. Che zarismo sarebbe senza un po' di oscurantismo clericale? L'arciprete Čaplin ha fatto visita al raduno de «I Nostri», presso il lago Seliger, benedicendo i pestaggi, in qualità di rappresentante della chiesa russo-ortodossa, con un girovita di due metri. Per non parlare dei funzionari, personaggi degni de «Le anime morte», eppure immortali!
Brulicano vermi di ogni tipo: grassi e flemmatici, come Mironov del Consiglio Federale, magri e isterici, come Vešnjakov della Commissione Elettorale Centrale, oppure tirati a lucido come Zubarov (pare che questi indossi ben due cravatte contemporaneamente!). E c'era pure quel Počinok, un tipo alquanto rozzo, con la bava alla bocca, peraltro chissà che fine ha fatto. Basta vedere quel criceto di Stepašin… e quel Dmitrij Kazak, Kozak, come si chiama… ha una fisionomia che sembra stata tagliata con l'accetta. E quel Gryzlov, quello con i buchi in faccia, pare si sia arrugginito al punto tale da corrodersi. Dio mio, non manca proprio nessuno!
E le ragazze?! Le ragazze funzionarie, il matriarcato, tutte laccate, sempre acconciate come la regina d'Inghilterra, tipo la Slizka o la Matvienko! Oh funzionarie, con i vostri culi grossi da ippopotamo, non vi è poeta degno di tesservi le lodi!
«Siam qui!», rispondono i funzionari.
E tutti loro si nascondono dietro il cattivello da loro pubblicamente scelto, fanno capolino dietro di lui. Tutti questi difensori del trono di certo credono di rappresentare la Santa Rus', di vegliare sui suoi principi. Ma oggi come allora sono personaggi appartenenti al passato, conservati intatti da qualche magia oscura nel gelido clima russo: sono la Rus' satanica. La più grossa macchia dell'autarchia putiniana non sta nel mantenere il popolo in miseria. Questo regime non andrebbe valutato secondo parametri economici (e pure secondo questi sarebbe considerabile uno squallore), ma per la quantità di umiliazioni, sofferenze e affronti alla libertà inflitti ai cittadini. Stando a questi parametri, il regime di Putin può essere considerato disumano. Ecco la sua macchia più grossa: il comportamento insopportabilmente altezzoso (tipico dei suoi cekisti), antidemocratico, incivile e medioevale tenuto nei confronti dei cittadini. Un modello di stato paternalistico di un padre austero, con a capo Sua Altezza, il suo Presidente-Padrone, che in realtà è fatto a modello di un campo di prigionia del Servizio Penitenziario Federale.
Sono stato tenuto prigioniero in uno di questi, nel campo n°13, presso le steppe del Volga. Lì quelli che obbediscono vengono al limite premiati, non venendo toccati, mentre gli indisponenti vengono picchiati, resi storpi e uccisi. Il modello di stato-lager non dovrebbe più esistere nel XXI secolo. Stati così sono paurosamente vecchi, non sono più accettabili. Dunque, si comporta con noi come un padre cattivo. Ma di lui cosa si può dire?
Non ha coraggio. Alla Dubrovka non si presentò, a Beslan arrivò in gran segreto, nottetempo, per non farsi vedere da nessuno se non dall'amministrazione locale, non sia mai si fosse imbattuto faccia a faccia con qualche parente degli ostaggi uccisi. Il suo volo sul caccia-bombardiere verso la Cecenia prima delle elezioni del 2000 venne fatto per propaganda, rimase lì, ben protetto, in aeroporto. In occasione di qualsiasi crisi si nasconde, se ne sta al riparo, per poi sbucare quando il peggio è passato.
Non ha generosità. È avaro. È quel tipo che quand'è inverno non desidera neanche che nevichi. Mentre la Russia avrebbe bisogno di un presidente buono, buono d'animo, che per la prima volta nella sua storia dia il suo cappotto imbottito alla gente che se ne sta al freddo sul ciglio della Sadovaja, che conceda grazia ai carcerati sofferenti, che faccia visita al popolo presso le proprie case, a chi non ha nulla, che parli loro con il cuore, che gli dia soldi. I propri soldi.
Non ha magnanimità. Tiene chiuse in gabbia da un anno nove ragazze del Partito Naz-Bol perché si sono presentate nella sala d'attesa della sua amministrazione. Che magari le liberasse, sono pur sempre ragazze! È ingiusto e insensibile. Ci ha tolto la libertà. A tutti noi. Tutti gli apparteniamo.
Usa la menzogna come metodo di governo. E non la usa in via eccezionale, no, bensì come regola! Usa la violenza come metodo di governo.
È un uomo violento. Con la costituzione che ci ritroviamo, dove i poteri presidenziali sono davvero illimitati, più di quelli che aveva lo Zar, le qualità umane del presidente non devono essere indifferenti a noi cittadini. Se è iracondo e dà ordine di assaltare il teatro sulla Dubrovka con chissà quale gas, siamo noi e i nostri figli a crepare, cari cittadini, non certo i figli di Putin. Se a Beslan dà ordine di attaccare dopo aver causato esplosioni all'interno dell'edificio, a morire saranno i bambini osseti e russi della scuola n°1, non certo i figli dei coniugi Putin. La seconda guerra cecena (ho messo in ordine un po' di dati sulle vittime e ne do una stima approssimativa), ha tolto la vita, tra civili, esercito federale e truppe al servizio di Maschadov e Basaev, a circa 30mila persone, ma il Presidente vede questa guerra come un evento naturale a lui favorevole e non fa nulla per porle fine, è un Presidente pericoloso. È pericoloso poiché risolve qualsiasi crisi solo con la violenza. Fa così perché magari lui stesso proviene dai servizi segreti oppure perché è proprio così di natura, è nato proprio così? Non si sa, ma il fatto che lui sia un pericolo per noi lo sanno tutti i parenti e le vedove di coloro che sono morti in Cecenia, le madri e i padri di Beslan, i familiari dei morti della Dubrovka.
A volte si può essere d'accordo quando il Presidente parla, anche perché parla molto e molto volentieri. Ma con le sue azioni non si può essere d'accordo, se non quando dà da mangiare a Vadik, la sua cavallina. Per il resto è un capo di Stato iracondo e vendicativo, diventato Presidente per nomina. Ha messo in piedi per noi uno stile di governo paternalistico, dove lui decide tutto e noi non decidiamo nulla. Si atteggia nei nostri confronti come se fosse il nostro padre cattivo. Per capire quanto sia pericoloso, immaginatevi 30mila cadaveri putrefatti sulle strade asfaltate di Mosca. Non è lui la sola causa della morte di quelle persone, ma lui e le sue qualità umane ne sono una parte.
I nazional-bolscevichi che stanno patendo la prigionia hanno ragione:
UN PRESIDENTE DEL GENERE NON CI SERVE!
1 Riferimento allo scandalo Mabetex che scosse la politica russa nel 1998 sotto la presidenza El'cin, quando Pavel Borodin, in capo all'Ufficio presidenziale, venne coinvolto in un caso di corruzione nella gara d'appalto per la ristrutturazione del Cremlino, vinta da una ditta svizzera, appunto la Mabetex, di proprietà dell'imprenditore e politico kosovaro Behgjet Pakolli [N.d.T.].
2 Così chiamati i commercianti dell'Ochotnyj Rjad, quartiere centrale di Mosca, nella seconda metà del XIX secolo assidui frequentatori volontari dei pogrom della polizia indirizzati contro le manifestazioni studentesche, gli intellettuali e gli ebrei [N.d.T.]
Un bel ragazzone, di corporatura robusta, in blue jeans e camicia a quadretti piccoli, ma senza cravatta. A primo impatto fa pensare subito a quell'idea di «salutare» che hanno gli americani: tipo al latte e ai fiocchi d'avena, ai figlioletti biondi e alla moglie laureata. La Čirikova è perfetta nel ruolo di moglie di Naval'nyj, la sua sembra una di quelle famiglie che la domenica se ne va in bicicletta.
La comparsa di questo avvocato, questo funzionario che è un po' uomo d'affari un po'«combattente contro la corruzione» al ruolo di candidato a capo delle forze d'opposizione è sintomatica: il fenomeno Naval'nyj è la prova del fatto che la nostra intellighenzia si è adattata con successo all'immaginario americano. Non è certo uno stalinista in abiti sciatti, né un rocker dissidente in giubbotto di pelle, né un deputato grassoccio col suo abito confezionato da Brioni, né un intellettuale russo con la barbetta e gli occhiali (un po' Čechov, un po' Trockij…), bensì ecco a voi un cittadino del mondo, che al posto della cravatta sfoggia il suo sorriso. Un pizzico di Assange, che ricorda vagamente Ralph Nadar (il quale trent'anni fa sollevò una rivolta formale della classe media in California), una versione più giovane e aggiornata di Boris Nemcov: ecco a voi Naval'nyj.
Questo è quanto, non si distingue per altro. Non è né arguto né intelligente.
Dal palco di piazza Bolotnaja e lungo la prospettiva Sacharov grida le stesse banalità di Nemcov. Solo Sergej Udal'cov è palesemente più stupido di Naval'nyj quando balbetta che i suoi occhiali neri sono un incubo per il regime. Le immagini evocate sono al livello de «L'Isola del tesoro» e di «Winnie the Pooh».
Naval'nyj è venuto da me il 6 settembre. Fatto sta che si è presentato con l'intento di convincermi a far partecipare i naz-bol alle elezioni per il Consiglio di coordinamento delle opposizioni. A giudicare dalla mole di tempo che le dedica, queste elezioni devono essere molto importanti per lui.
L'8 settembre mi sono recato al Forum delle forze di sinistra. Ne è uscito fuori che le elezioni per la Corte Costituzionale sono importanti anche per la sinistra. Ha preso la parola Sergej Udal'cov invitando più di una volta i presenti a partecipare e a candidarsi. Dopo di che i suoi compagni del fronte e le forze di sinistra in generale hanno preso la parola, invitando la stragrande maggioranza di loro a non partecipare. È stata adottata una risoluzione di «non partecipazione». Inoltre, sul tavolo del presidio vi era affisso uno striscione con su scritto «Per una Russia senza borghesi!».
Il giorno dopo il Forum ripensai al Consiglio di coordinamento, ricordando il doppio mento sul faccione di Naval'nyj e il nostro incontro avvenuto a casa mia. Mi ricordai di come gironzolava (così come facevo anch'io) ripetendo in continuazione, come un mantra, «sono come un politico…», «sono un politico…». Si definì un politico talmente tante volte che capii subito che lui stesso non si riteneva tale. Ma lo avevano convinto di esserlo.
E in effetti, anche se sul palco di piazza Bolotnaja ha parlato cinque o sei volte intervenendo in modo piuttosto stupido e tentennante, questa circostanza ancora non costituisce la prova che Naval'nyj sia un politico. E neanche il titolo che gli è stato attribuito, quello di «combattente» contro la corruzione, è sinonimo di politico. A combattere la corruzione qui da noi ci pensano i pubblici ministeri, il comitato investigativo e la polizia. Il fatto che sia stato nominato direttore del consiglio d'amministrazione dell'Aeroflot lo designa come un uomo d'affari, dunque cosa c'entra qui la politica? Anche il fatto che, come migliaia di suoi contemporanei, abbia capito che il nazionalismo in Russia è popolare e flirti con i nazionalisti cercando di avvicinarsi a loro non è una prova che sia un politico (tra l'altro si dimostra estremamente stupido, avendo fatto la spia e avendo fatto arrestare Tesak, il quale è molto popolare tra i nazionalisti, questa sì che è un'idiozia!).
Naval'nyj non è a capo di un partito politico, non è nemmeno un attivista di spicco di un partito qualsiasi. Come combattente contro la corruzione è totalmente inefficace. Non che sia colpa sua, poiché non lo è, ma al limite può essere considerato un buon investigatore in materia di corruzione, perché le autorità non vogliono perseguire i funzionari corrotti scoperti, quindi è comunque tutto inutile. Allo stesso tempo le sue mani non sono proprio pulite e ciò non si addice a chi combatte la corruzione: mi riferisco alla faccenda della «Kirovles»,1 una società off-shore con sede a Cipro. Qualcosa che potrebbe sporcare la brillante immagine di Lëša Naval'nyj.
Sono stati i mass media a creare Naval'nyj. I media sì borghesi, ma di opposizione. Non è stato creato neanche dagli uomini, bensì dalle ragazze e dalle donne dei media. Le onorevoli signore Evgenija Al'bac e Julija Latynina sono pazze di Lëša, la Čirichova è ideale nel ruolo di moglie, la Sobčak gli riserva sorrisi al miele. Piace per il suo look, è il modello del momento. Naval'nyj è stato pescato dal mondo di internet, dove egli opera sin dagli albori e dove, in barba a ogni logica, è nella top ten. Sì, in barba a ogni logica poiché il blog di Naval'nyj trabocca di noiosissimi documenti «compromettenti», è praticamente impossibile leggerlo, sono tutte sciocchezze da avvocato. Prima questi attaccabrighe «giudiziari» vagavano per i tribunali con le valigette logore e strapiene mentre facevano causa a tutto il mondo, ora invece si può essere un attaccabrighe alla moda semplicemente frequentando il mondo virtuale.
Naval'nyj è vuoto cosmico che va di moda. Ho già spiegato da dove è uscito. Le donne sono colpite dalla sua corporatura, dalla sua fisionomia. Per gli stessi motivi, tempo fa, prese dall'isteria, le donne votarono per El'cin.
Ma chi è Lëša Naval'nyj oggi?
Il fatto che egli, sotto l'egida del miliardario nonché comproprietario dell'Aeroflot Aleksandr Lebedev, sia stato nominato direttore del CDA di questa compagnia per metà statale ci fa giungere a una sola conclusione: Naval'nyj è un protégé del grande capitale. Il solo Lebedev non sarebbe riuscito, con il solo 18% di azioni Aeroflot, a far entrare Naval'nyj nel CDA senza l'appoggio degli altri comproprietari.
Proseguendo nella riflessione, dobbiamo prendere come dato di fatto la presenza nella Federazione Russa di un gruppo di grandi capitalisti che ha eletto Aleksej Naval'nyj come loro frontman. È un gruppo ancora inferiore in termini di forza a quello di Putin e non lo combatte apertamente, ma ogni tanto mostra i muscoli mettendo alla prova il potere.
I fan intorno a Naval'nyj gli dicono che è un politico, che è alla guida dell'intellighenzia moscovita. E, salendo sul palco di piazza Bolotnaja e sulla prospettiva Sacharov, ha visto davanti a sé lo spettacolo impressionante della massa umana riunita. C'è da farsi venire le vertigini, c'è da farsi prendere dalle manie di grandezza, le quali non hanno tardato a far visita a Lëša…
E non solo a Lëša, ma anche a Gennadij, che poi sarebbe Gudkov, anche ad Il'ja, che poi sarebbe Ponomarëv. Sia l'uno che l'altro hanno dichiarato la loro intenzione di candidarsi alle prossime elezioni presidenziali! Le masse hanno dato loro alla testa.
Lo vedo ancora, nella mia stanza, assumere varie pose e mormorare ispirato: «sono come un politico…», «sono un politico…». I suoi adepti lo hanno ipnotizzato.
Ma le masse sono scese in piazza non perché affascinate da Naval'nyj, bensì perché indignate da Vladimir Putin.
Come mai il vostro Lëša ha bisogno di essere eletto alla corte costituzionale? In modo tale che voi possiate sceglierlo e non solo in qualità di politico, ma certamente come il più influente. Anche perché è il primo a credere di non esserlo.
1 Nel 2013 Naval'nyj viene citato in giudizio per appropriazione indebita ai danni dell'azienda statale «Kirovles», avvenuta mentre volgeva la sua mansione di consigliere del governatore della regione di Kirov, Nikita Belych. Verrà condannato a 5 anni di reclusione, pena poi commutata [N.d.T.]
[ripubblicazione:]
Quel gran figlio di Putin
// «Il Nemico», 13 marzo 2025
[link all'articolo originale:]
Злой отец
// «Лимонов против Путина», 2005 год